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Capitolo 5 - Gestione medica perioperatoria

Andrew Auerbach, MD, MPH

X. Gestione farmacologica

A. Steroidi

1. Nonostante pochi dati indichino la necessità di somministrare delle "dosi da stress" di steroidi ai soggetti in terapia cortisonica prolungata da sottoporre a procedure chirurgiche, questa pratica è comune.

2. Se si utilizzano dosi supplementari di steroidi "da stress" (ad es., 100 mg di idrocortisone ogni 8 ore), tale trattamento deve avere una durata molto breve (36 ore), dopodichè deve essere ripristinato lo schema steroideo extraospedaliero.

B. Aspirina

1. La consuetudine di sospendere l'aspirina prima di un intervento chirurgico, per quanto prudente dal punto di vista concettuale, è scarsamente supportata dalle evidenze.

2. Nonostante sia ragionevole interrompere l'assunzione di aspirina nella maggior parte dei pazienti, nei soggetti sottoposti a impianto di dispositivi coronarici (ad es., uno stent) va presa in considerazione la prosecuzione del farmaco, dato l'elevato rischio di occlusione coronarica acuta.

C. Warfarin

1. Il programma per la gestione del warfarin nel periodo perioperatorio, nei pazienti ortopedici, dipende dall'indicazione per una scoagulazione a lungo termine.

a. Gruppi a basso rischio (fibrillazione atriale senza ictus pregressi; cardiomiopatia in assenza di fibrillazione atriale)

  • i. Tali soggetti presentano un rischio trombotico annuale (senza terapia anticoagulante) inferiore al 4%.
  • ii. Possibile la sospensione della terapia anticoagulante nei 4-6 giorni del periodo perioperatorio.
  • iii. In questi soggetti, interrompere il warfarin 5 giorni prima dell'intervento e controllare l'INR il giorno prima dello stesso, per confermare che sia inferiore a 1,5.
  • iv. Dopo l'intervento, riprendere l'assunzione del warfarin il prima possibile.

b. Pazienti a rischio moderato (valvola aortica meccanica, rischio di ictus senza warfarin compreso tra il 4 e il 7%)

  • i. Questi pazienti richiedono una scoagulazione "ponte" [sostituzione dell'anticoagulante orale con altro tipo di scoagulazione].
  • ii. Per la terapia ponte è preferibile utilizzare eparine a basso peso molecolare (LMWH, low-molecular-weight heparin), perché possono essere iniziate quando il paziente è ancora presso il proprio domicilio (diversamente dall'eparina non frazionata, che richiede il ricovero).

c. Pazienti ad alto rischio (valvola mitrale meccanica; fibrillazione atriale con pregresso ictus)

  • i. Tali soggetti presentano un rischio annuo > 7%.
  • ii. Richiedono una scoagulazione "ponte".
  • iii. Per la terapia "ponte" è preferibile utilizzare LMWH, perché possono essere iniziate quando il paziente è ancora presso il proprio domicilio (diversamente dall'eparina non frazionata, che richiede il ricovero).

2. Terapia ponte

  • a. Interrompere il warfarin 5 giorni prima dell'intervento e [iniziare la terapia ponte] 36 ore dopo l'ultima somministrazione del farmaco.
  • b. Controllare l'INR il giorno prima dell'intervento per confermare che il valore sia sceso sotto 1,5.
  • c. Interrompere [la terapia ponte] 12-24 ore prima dell'intervento chirurgico.
  • d. Riprendere [la terapia ponte] una volta raggiunta l'emostasi; ricominciare nello stesso tempo il warfarin al dosaggio abitualmente utilizzato dal paziente.
  • e. Interrompere l'eparina non frazionata o la LMWH quando l'INR è maggiore di 2,0.

Elementi salienti

 

1. Effettuare indagini preoperatorie per la valutazione della stabilità delle comorbilità attuali o per diagnosticare sintomi o segni poco chiari. Non è conveniente e può essere fuorviante eseguire esami generali.

 

2. Un’anamnesi coagulativa diretta può aiutare a identificare i pazienti per i quali risulti più utile effettuare indagini coagulative preoperatorie.

 

3. L’RCRI è un metodo semplice e altamente predittivo per identificare i pazienti da inviare a valutazione cardiologica o per i quali occorra rimandare l’intervento.

 

4. Il rischio di eventi cardiaci può essere sensibilmente ridotto da un appropriato utilizzo di beta-bloccanti nei soggetti ad alto rischio, soprattutto quelli con 2 o più criteri RCRI.

 

5. Le complicanze polmonari, quali polmoniti e insufficienza respiratoria, sono probabilmente più frequenti di quelle cardiache.

 

6. Il rischio di complicanze polmonari può essere gestito trattando le riacutizzazioni di BPCO o di asma prima dell’intervento, nonché attraverso il ricorso a una mobilizzazione precoce e all’utilizzo della spirometria incentiva, di nebulizzatori e della ventilazione non invasiva (come la BiPAP).

 

7. Generalmente, si considera ottimale il mantenimento di livelli glicemici postoperatori inferiori a 150 mg/dl. Per raggiungere tale obiettivo è necessario utilizzare infusioni insuliniche (soggetti in unità di terapia intensiva) o somministrazioni al bisogno, comprendenti insuline sia a breve sia a lunga durata d’azione.

 

8. Il delirio postoperatorio è frequente, e può essere gestito efficacemente riducendo al minimo gli stimoli nocivi (ad es. dolore, cateteri urinari, provvedimenti contenitivi), e ri-orientando il paziente il più spesso possibile.

 

9. È opportuno prendere attentamente in considerazione se proseguire la terapia con aspirina nei pazienti con stent coronarici, ad alto rischio di re-stenosi dello stent e di morte in caso di sospensione dei farmaci antiaggreganti.

 

10. La gestione del warfarin nel periodo perioperatorio si basa sui motivi alla base del suo utilizzo - in genere, è necessario un periodo di sospensione del warfarin (o della terapia ponte con eparina) più breve nei pazienti a maggior rischio di complicanze trombotiche, quando non scoagulati.

   

MODULO 1:
CONOSCENZE FONDAMENTALI

MODULO 2:
COLONNA VERTEBRALE