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Capitolo 10 - Neuro-ortopedia e riabilitazione

Mary Ann Keenan, MD

I. Lesioni al midollo spinale

A. Principi generali

  1. Negli Stati Uniti, circa 400.000 persone presentano lesioni al midollo spinale.
  2. Le cause principali delle lesioni al midollo spinale sono gli incidenti stradali, le ferite da arma da fuoco, le cadute, e i traumi sportivi e acquatici.
  3. I pazienti vengono generalmente suddivisi in due gruppi:
  • a. Soggetti in età giovanile, che riportano lesioni provocate da traumi significativi
  • b. Soggetti più anziani con stenosi della colonna cervicale causata da restringimento congenito o da spondilosi; spesso questi soggetti riportano lesioni provocate da traumi minori, e non presentano generalmente lesioni midollari da fratture vertebrali.

B. Definizioni

  1. Tetraplegia - Perdita o compromissione delle funzionalità motorie e di quelle sensitive a livello dei segmenti cervicali del midollo spinale, con conseguente compromissione delle funzioni degli arti superiori, del tronco, degli arti inferiori e degli organi pelvici.
  2. Paraplegia - Perdita o compromissione delle funzionalità motorie e di quelle sensitive a livello dei segmenti toracici, lombari o sacrali del midollo spinale. La funzionalità degli arti superiori è intatta, ma a seconda del livello del danno midollare è possibile la compromissione del tronco, degli arti inferiori e degli organi pelvici.
  3. Lesione completa - Lesione che non risparmia alcuna funzionalità sensitiva o motoria a livello dei segmenti sacrali inferiori. I soggetti che riportano una lesione midollare completa, dopo risoluzione dello shock spinale, hanno possibilità minime di ottenere alcun recupero funzionale motorio (Tabella 1).
  4. Lesione incompleta - Lesione con mantenimento parziale delle funzioni sensitive o motorie al di sotto del livello neurologico, compresi i segmenti sacrali inferiori.


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Tabella 1 Scala  di compromissione ASIA


C. Compromissione neurologica e recupero

1. Shock spinale

  • a. Non è possibile porre diagnosi di lesione completa del midollo spinale fino alla risoluzione dello shock spinale, segnalato dal recupero del riflesso bulbo-cavernoso. Per stimolare tale riflesso, il medico effettua un'esplorazione rettale valutando la contrazione dello sfintere anale durante la compressione del glande o del clitoride del/della paziente.
  • b. Se il trauma al midollo spinale provoca una lesione completa, non si ha un recupero dell'attività riflessa a livello della lesione, in quanto l'arco riflesso è interrotto in maniera permanente.
  • c. Alla scomparsa dello shock spinale, si osserva il ritorno dell'attività riflessa a livello dei segmenti posti caudalmente rispetto al livello della lesione.

2. Recupero

  • a. L'International Standards for Neurologic and Functional Classification of Spinal Cord Injury, pubblicato dall'American Spinal Injury Association (ASIA) e dall'International Medical Society of Paraplegia (IMSOP), rappresenta lo strumento più affidabile per la valutazione delle condizioni neurologiche a livello del midollo spinale. Tali standard forniscono un indice quantitativo della funzionalità sensitiva e di quella motoria.
  • b. Valutazione

i. Andrebbe indagata la variazione dell'ASIA Motor Score (AMS) tra due valutazioni neurologiche successive. L'AMS è costituito dalla somma dei gradi di forza relativi a ciascuno dei 10 muscoli chiave testati bilateralmente, rappresentanti i segmenti neurologici da C5 e T1 e da L2 a S1.
ii. In un soggetto neurologicamente intatto, il massimo punteggio possibile di AMS è di 100 punti.

D. Sindromi midollari

1. Sindrome midollare anteriore

  • a. La sindrome midollare anteriore è provocata dalla contusione diretta del midollo anteriore da parte di frammenti ossei o di un danno a livello dell'arteria midollare anteriore.
  • b. Secondo l'entità del coinvolgimento midollare, possono risultare conservate le sole funzioni della colonna posteriore (propriocezione e sfioramento).
  • c. La capacità di risposta al dolore e allo sfioramento indica che la metà posteriore del midollo mantiene intatte alcune funzioni.

2. Sindrome midollare centrale

  • a. È possibile comprendere la sindrome midollare centrale sulla base dell'anatomia del midollo spinale. La materia grigia del midollo spinale contiene i somi delle cellule nervose, ed è circondata dalla materia bianca composta prevalentemente dai tratti mielinici ascendenti e discendenti. La materia grigia centrale ha un aumentato fabbisogno metabolico, ed è quindi più suscettibile agli effetti dei traumi e degli eventi ischemici.
  • b. La sindrome midollare centrale è spesso causata da una lesione minore, come una caduta in un soggetto anziano affetto da stenosi del canale vertebrale cervicale.
  • c. La maggior parte dei pazienti è in grado di deambulare, malgrado la grave paralisi agli arti superiori.

3. Sindrome di Brown-Séquard

  • a. La sindrome di Brown-Séquard è provocata da un'emisezione completa del midollo spinale.
  • b. Questa lesione determina una maggiore perdita motoria propriocettiva omolaterale e una maggiore perdita della sensibilità dolorosa e termica controlaterale.
  • c. I pazienti che ne sono affetti presentano una prognosi eccellente, e generalmente riprendono a camminare.

4. Sindrome mista

  • a. La sindrome mista è caratterizzata dal coinvolgimento diffuso dell'intero midollo spinale.
  • b. I pazienti che ne sono affetti presentano una prognosi favorevole ai fini del recupero.
  • c. Come per tutte le sindromi da lesione incompleta del midollo spinale, un precoce recupero motorio rappresenta il migliore indice prognostico.

E. Strategie gestionali generali

  1. La prevenzione delle contratture e il mantenimento del range dei movimenti dovrebbero iniziare immediatamente dopo la lesione.
  2. Nella gestione delle lesioni spinali è fondamentale il mantenimento dell'integrità cutanea. Bastano 4 ore di pressione continua a livello sacrale per provocare una necrosi cutanea a tutto spessore.
  3. La cateterizzazione intermittente ha costituito il principale fattore responsabile della riduzione dei problemi urologici, e della garanzia di un'aumentata aspettativa di vita ai pazienti affetti da lesioni del midollo spinale.

F. Complicanze

1. Disreflessia autonomica

  • a. A livello della regione T8 vi è l'emergenza delle fibre simpatiche splancniche verso la parte inferiore del corpo.
  • b. Sono predisposti alla disreflessia autonomica i pazienti con lesioni al di sopra di T8.
  • c. Tra i segni e i sintomi vi sono episodi ipertensivi che possono essere anticipati da vertigini, sudorazione e cefalea.

2. Ossificazione eterotopica (HO, heterotopic ossification)

  • a. Si verificano HO tra i muscoli e la capsula articolare nel 20% dei pazienti con lesioni del midollo spinale, con un'incidenza maggiore nella fascia d'età compresa tra 20 e 30 anni.
  • b. L'HO è più comune in caso di lesioni a livello cervicale e toracico, che non in quelle lombari.
  • c. Una maggiore incidenza di HO è osservabile nei soggetti con lesioni complete.
  • d. L'HO è più frequente a livello delle anche, ma può verificarsi al ginocchio.
  • e. Se vi è una limitazione funzionale del range dei movimenti articolari, l'HO andrebbe asportata chirurgicamente.

G. Gestione della tetraplegia

1. Funzioni a livello di C4

  • a. I muscoli principali sono il diaframma, il trapezio e i muscoli del collo.
  • b. Il controllo del capo risulta conservato.
  • c. In presenza di un diaframma funzionante, non è generalmente necessario un supporto ventilatorio a lungo termine.
  • d. Possono risultare inizialmente necessarie una tracheostomia e l'assistenza ventilatoria meccanica.

2. Funzioni a livello di C5

  • a. I muscoli principali sono il deltoide e i bicipiti, utilizzati per l'abduzione della spalla e la flessione del gomito.
  • b. Gli obiettivi chirurgici sono di garantire un'estensione attiva del gomito e del polso, e di ripristinare la capacità di opporre il pollice al dito indice.
  • c. Il trasferimento del deltoide posteriore al muscolo tricipite consente un'estensione attiva del gomito.
  • d. Il trasferimento del brachioradiale all'estensore radiale breve del carpo consente un'estensione attiva del polso.
  • e. Attaccando il tendine del flessore lungo del pollice al radio distale e unendolo all'articolazione interfalangea del pollice si garantisce, mediante tenodesi, un'opposizione basilare, durante l'estensione del polso.

3. Funzioni a livello di C6

  • a. I muscoli principali sono gli estensori del polso, che consentono al paziente di spingere manualmente una sedia a rotelle, il trasferimento da una posizione a un'altra, e persino una vita indipendente.
  • b. Gli obiettivi chirurgici sono il ripristino della presa laterale e il consentire la presa attiva degli oggetti.
  • c. La presa laterale può essere ripristinata mediante tenodesi del flessore del pollice o con il trasferimento del brachioradiale al flessore lungo del pollice.
  • d. La presa attiva può essere ripristinata attraverso il trasferimento del pronatore rotondo al flessore profondo delle dita.

4. Funzioni a livello di C7

  • a. Il muscolo principale è il tricipite.
  • b. Tutti i soggetti con una funzione intatta del tricipite dovrebbero essere in grado di spostarsi e di vivere in maniera indipendente, in assenza di altre complicanze.
  • c. Gli obiettivi chirurgici sono la flessione attiva del pollice per la presa, la flessione attiva delle dita per afferrare e l'apertura della mano mediante tenodesi dell'estensore.
  • d. Il trasferimento del brachioradiale al flessore lungo del pollice consente di afferrare gli oggetti in maniera attiva.
  • e. Il trasferimento del pronatore rotondo al flessore profondo delle dita consente la flessione attiva delle dita e di afferrare.
  • f. Se gli estensori delle dita sono deboli, la tenodesi di questi tendini al radio consente l'apertura della mano alla flessione del polso.

5. Funzioni a livello di C8

  • a. I muscoli principali sono i flessori delle dita e del pollice, che consentono una presa grossolana.
  • b. Un flessore lungo del pollice funzionante consente la presa laterale tra il pollice e il lato del dito indice.
  • c. La funzionalità muscolare intrinseca è assente, e generalmente compaiono dita ad artiglio.
  • d. La capsulodesi delle articolazioni metacarpo-falangee corregge il fenomeno delle dita ad artiglio e migliora la funzionalità della mano.
  • e. È possibile recuperare una funzionalità attiva intrinseca dividendo il tendine flessore superficiale delle dita relativo al pollice in quattro parti, e trasferendo questi tendini nelle inserzioni lombricali di ciascun dito.

   

MODULO 1:
CONOSCENZE FONDAMENTALI

MODULO 2:
COLONNA VERTEBRALE