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Capitolo 7 - Traumi della colonna vertebrale

Warren D. Yu, MD

III. Fratture cervicali

A. Fratture del condilo occipitale

1. Background e diagnosi

  • La consapevolezza della possibilità di frattura del condilo occipitale è aumentata grazie al maggior utilizzo delle valutazioni TC nei traumi alla colonna vertebrale. La sensibilità delle radiografie standard ai fini diagnostici è appena del 3%.
  • Le fratture del condilo occipitale si associano a un tasso di mortalità da lesioni collegate dell'11%, e dovrebbero essere considerate dei marcatori di traumi potenzialmente letali.
  • Nel 31% dei soggetti si osservano ulteriori lesioni della colonna cervicale a un altro livello.
  • Possono verificarsi paralisi tardive dei nervi cranici, interessanti solitamente i nervi cranici IX, X e XI.

2. Classificazione

  • Le fratture di tipo 1 (che costituiscono il 3% di quelle del condilo occipitale) sono lesioni comminute dovute al carico assiale.
  • Le fratture di tipo 2 (22%) implicano l'estensione al condilo di una frattura della base cranica.
  • Le fratture di tipo 3 (75%) sono quelle da avulsione e dovrebbero far insorgere il sospetto clinico di una dissociazione occipitocervicale sottostante.

3. Trattamento

  • è necessario escludere la dissociazione occipitocervicale, in particolare nei soggetti con fratture di tipo 3.
  • Ortosi cervicali

B. Dissociazione occipitocervicale

1. Background e diagnosi

  • Le dissociazioni occipitocervicali traumatiche risultano molto spesso letali.
  • La diagnosi mediante radiografie standard è difficile a causa della scarsa visualizzazione ossea di quest'area. Tra le valutazioni comuni vi sono il rapporto di Powers e l'intervallo basion-epistrofeo basion-dente dell'epistrofeo di Harris.

i. Rapporto di Powers - è il rapporto tra la distanza dal basion all'arco posteriore e quella dall'arco anteriore all'opistion. Un rapporto > 1 suggerisce una possibile lussazione anteriore.
ii. Il metodo dell'intervallo basion-epistrofeo basion-dente dell'epistrofeo di Harris è considerato il metodo di misurazione radiografica più sensibile. Valuta due parametri: la distanza tra il basion e una linea tracciata tangenzialmente rispetto al margine posteriore di C2 (anomala se > 12 mm o < 4 mm), e la distanza tra il basion e l'odontoide (anomala se > 12 mm).
iii. La sensibilità delle radiografie standard è di circa il 57%, quella della TC è dell'84% e quella della MRI dell'86%. TC e/o MRI sono raccomandate per i soggetti con sospetta dissociazione occipitocervicale.

2. Classificazione

  • Tipo 1 (anteriore)
  • Tipo 2 (longitudinale)
  • Tipo 3 (posteriore)

3. Trattamento

  • Sono da evitare le trazioni, che si associano a un tasso di peggioramento neurologico del 10%.
  • Nei pazienti con lesioni che consentano la sopravvivenza, viene raccomandata la fusione occipitocervicale.

C. Fratture dell'atlante (C1)

1. Background e diagnosi

  • Le fratture dell'atlante costituiscono il 7% di quelle della colonna cervicale.
  • Le fratture classiche di Jefferson (da scoppio) sono fratture bilaterali degli archi anteriore e posteriore di C1 dovute a carico assiale (Figura 3).
  • La stabilità a lungo termine dipende dal meccanismo e dalla guarigione del legamento trasverso.
  • Sulla base dei dati derivanti da cadaveri, uno spostamento laterale della massa > 7 mm (8,1 mm con l'ingrandimento radiografico) è indicativo di una rottura del legamento trasverso.
  • La MRI ha aumentato la sensibilità nell'identificazione delle rotture dei legamenti.

i. Le lesioni di tipo 1 sono rotture di midsubstance del legamento trasverso.
ii. Le lesioni di tipo 2 implicano una frattura da avulsione del legamento.

2. Trattamento

  • Le fratture isolate degli archi anteriore e posteriore, della massa laterale e del processo trasverso dell'atlante possono essere trattate in maniera non chirurgica, mediante immobilizzazione esterna per 6-12 settimane.
  • Le fratture da scoppio coinvolgenti gli archi anteriore e posteriore, con un legamento trasverso intatto (masse laterali con sporgenza laterale combinata < 7 mm),  sono considerate lesioni stabili e possono anche essere trattate mediante sistemi d'immobilizzazione esterna.
  • Uno spostamento combinato della massa laterale > 7 mm è indicativa di una lesione del legamento traverso e di un trauma instabile.

i. Si può prescrivere riposo a letto con trazione al fine di ridurre lo spostamento laterale.
ii. Va preso in considerazione il passaggio a un halo vest a 6 settimane, qualora sia possibile mantenere la riduzione.
iii. Si possono prendere in considerazione soluzioni chirurgiche: l'utilizzo di viti nelle masse laterali di C1 è ora ampliamente accettato, e consente la saldatura diretta delle fratture senza sacrificare la motilità. La fusione occipitocervicale costituisce un'opzione ragionevole, ma sacrifica in maniera significativa i movimenti.


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Figura 3 Illustrazioni di comuni tipi di fratture dell’atlante.

A, Frattura dell’arco posteriore. B, Frattura della massa laterale. C, Frattura da scoppio classica (di Jefferson). D, Frattura monolaterale dell’arco anteriore. E, Frattura del processo trasverso. F, Frattura da avulsione dell’arco anteriore.

(Riproduzione autorizzata da Klein GR, Vaccaro AR: Cervical spine trauma: Upper and lower, in Vaccaro AR, Betz RR, Zeidman SM [eds]: Principles and Practice of Spine Surgery. Philadelphia, PA, Mosby, 2003, pp 441-462). 


D. Fratture dell'epistrofeo (o asse; C2)

1. Background e diagnosi

  • Le fratture del processo odontoideo sono le più comuni, tra quelle di questa vertebra.
  • Sono responsabili del 10-15% delle fratture della colonna cervicale.

2. Classificazione di Anderson-d'Alonzo (Figura 4)

  • Le fratture di tipo 1 sono dovute ad avulsione della punta del dente.
  • Le fratture di tipo 2 si verificano a livello del corpo del processo odontoide.
  • Le fratture di tipo 3  si estendono al corpo vertebrale di C2.

3. Trattamento

a. Fratture di tipo 1 - Sono fratture stabili e trattabili mediante ortosi cervicale, una volta esclusa la possibilità di una dissociazione occipitocervicale.

b. Fratture di tipo 2 - Per queste, il trattamento dipende in gran parte dalle caratteristiche della frattura e dalla popolazione di pazienti.

i. Nei soggetti anziani, l'immobilizzazione con halo vest è scarsamente tollerata e presenta dei bassi tassi di guarigione. Questi pazienti andrebbero presi in considerazione per una fusione precoce di C1-C2. Nei soggetti non in grado di tollerare un intervento chirurgico, un'ortosi esterna può consentire la fusione fibrosa e un'adeguata stabilità per le attività routinarie della vita quotidiana.
ii. Nei pazienti più giovani e sani, sono le caratteristiche della frattura a dettare il trattamento.

(a) Fratture non scomposte - Andrebbero trattate mediante immobilizzazione con halo vest per 6-12 settimane. I fattori di rischio per il mancato consolidamento comprendono la comminuzione della frattura, il ritardo nella diagnosi e un'età del soggetto > 50 anni. Per i pazienti che presentano tali fattori di rischio si può prendere in considerazione un trattamento chirurgico precoce.

(b) Fratture nelle quali non sia possibile ottenere o mantenere la riduzione - Deve essere preso in considerazione il trattamento chirurgico. Il posizionamento di una vite nella parte anteriore del dente, utilizzando la tecnica della vite lag, può rappresentare un'opzione per le fratture di tipo 2 minimamente comminute. Per ottenere risultati migliori occorre una diagnosi precoce della frattura, l'ottenimento della riduzione e un habitus del paziente in grado di consentire un'applicazione corretta della vite.  In caso contrario, il trattamento chirurgico prevede la stabilizzazione posteriore di C1-C2 con varie strutture a base di cavi e viti. Strutture più rigide possono evitare l'immobilizzazione postoperatoria necessaria con halo vest.

c. Fratture di tipo 3 - Queste lesioni sono solitamente stabili, e vanno trattate con un'ortosi cervicale per 6-12 settimane.


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Figura 4 Classificazione di Anderson-d’Alonzo delle fratture odontoidi.

Le fratture di tipo 1 coinvolgono la punta del dente. Le fratture di tipo II riguardano la base del dente, alla giunzione del dente con il corpo centrale dell’epistrofeo. Le fratture di tipo III si estendono al corpo del dente. (Riproduzione da Tay BKB, Eismont F: Cervical spine fractures and dislocations, in Fardon DF, Garfin SR, Abitbol JJ, Boden SD, Herkowitz HN, Mayer TG [eds]: Orthopaedic Knowledge Update: Spine 2. Rosemont, IL, American Academy of Orthopaedic Surgeons, 2002, pp 247-262). 


E. Spondilolistesi traumatica dell'epistrofeo

1. Background e diagnosi

  • Questa lesione è caratterizzata da fratture bilaterali della pars interarticularis (frattura del boia).
  • Il meccanismo porta a una combinazione di iperestensione, compressione e flessione di rimbalzo.

2. Classificazione di Levine ed Edwards (Figura 5)

  • Le fratture di tipo I sono dovute a compressione e a iperestensione dell'asse, e mostrano una dislocazione < 3 mm senza angolazioni.
  • Le fratture di tipo II sono dovute a iperestensione e a carico assiale seguiti da flessione di rimbalzo, e mostrano una traslazione > 3 mm con angolazione.
  • Le fratture di tipo IIa sono caratterizzate da un'angolazione senza traslazione significativa, e sono dovute a lesioni da flessione-distrazione. Il riconoscimento di una frattura di tipo IIa può essere difficile, ma è fondamentale in quanto l'applicazione della trazione può dislocare ulteriormente la frattura, e ciò deve essere evitato.
  • Le fratture di tipo III sono quelle di tipo I associate a una lesione delle faccette articolari di C2-3, solitamente dislocazioni bilaterali delle faccette. Queste fratture sono dovute a flessione-distrazione seguita da iperestensione.

3. Trattamento

  • La maggior parte dei pazienti può essere trattata con successo mediante immobilizzazione esterna con halo vest, oppure con un'ortosi cervicale per 6-12 settimane. Dislocazioni fino a 5 mm possono verificarsi senza la rottura dei legamenti posteriori o del disco in C2-3.
  • Le indicazioni chirurgiche comprendono le fratture di tipo II con angolazione severa, quelle di tipo III con rottura del disco in C2-3 e/o spostamento della faccetta, o l'impossibilità di ottenere o mantenere la riduzione della frattura. Le opzioni chirurgiche comprendono la fusione intersomatica C2-C3, quella posteriore C1-C3 o viti bilaterali nella pars interarticularis di C2.


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Figura 5

Illustrazioni dei tipi di spondilolistesi traumatica dell’epistrofeo utilizzando la modificazione di Levine ed Edwards del sistema di classificazione di Effendi. A, Tipo I. B, Tipo II. C, Tipo IIA. D, Tipo III. (Riproduzione autorizzata da Klein GR, Vaccaro AR: Cervical spine trauma: Upper and lower, in Vaccaro AR, Betz RR, Zeidman SM [eds]: Principles and Practice of Spine Surgery. Philadelphia, PA, Mosby, 2003, pp 441-462). 


F. Fratture e lussazioni della colonna vertebrale subassiale (da C3 a C7)

1. Classificazione

a. Il sistema di classificazione più comunemente utilizzato per i traumi della colonna vertebrale subassiale è quello di Allen-Ferguson (Figura 6).
b. Sono descritte 6 diverse classi sulla base del meccanismo della lesione, e ogni classe è suddivisa in stadi di gravità progressiva.

i. Le tre categorie più frequentemente osservate sono la flessione da compressione, la distrazione in flessione e l'estensione da compressione.
ii. Meno comune è la compressione verticale.
iii. Le categorie meno frequenti sono la distrazione in estensione e la flessione laterale.

2. Trattamento dei tipi di lesioni più comuni

a. Le lesioni da carico sull'asse comprendono le fratture da compressione, quelle da scoppio e quelle a goccia.

i. Le fratture da compressione sono provocate da un carico assiale in flessione, con cedimento della metà anteriore del corpo senza interruzione della corteccia posteriore, e con un rischio minimo di danno neurologico. La maggior parte di queste lesioni è trattabile mediante immobilizzazione esterna per 6-12 settimane. È possibile prendere in considerazione la fusione per evitare la cifosi, qualora l'angolazione superi gli 11°, oppure in presenza di una riduzione d'altezza del corpo vertebrale > 25%.
ii. Le fratture cervicali da scoppio sono provocate da un forte carico compressivo; solitamente risultano associate a una SCI completa o parziale da retropulsione di frammenti della frattura nel canale spinale. Il trattamento delle fratture cervicali da scoppio è determinato dallo stato neurologico. Per i soggetti con deficit neurologici, il miglior trattamento è rappresentato dalla decompressione anteriore e dalla ricostruzione con posizionamento di innesti strutturali e placche. Nel caso di una lesione posteriore di rilievo, è necessaria una fusione posteriore supplementare con ingabbiamento.
iii. Le fratture a goccia devono essere distinte dalle avulsioni a goccia, relativamente benigne, che corrispondono a lesioni d'estensione relativamente minore con un piccolo frammento osseo fuoriuscito dall'attaccatura dell'anulus della limitante somatica anteriore, che può essere trattata con l'utilizzo di ortosi cervicali per 6 settimane. La frattura a goccia è una lesione da carico in flessione assiale caratterizzata da una frattura della parte antero-inferiore di una vertebra, in quanto portata caudalmente e in flessione, provocando la retropulsione del resto del corpo vertebrale all'interno del canale spinale. Il trattamento delle fratture a goccia è simile a quello delle fratture cervicali da scoppio.

b. Fratture-lussazioni delle faccette

i. Vi è generale consenso sul fatto che, a prescindere dal deficit neurologico, il soggetto cosciente e vigile possa essere sottoposto in sicurezza a riduzione chiusa con trazione progressiva. I pazienti devono essere sottoposti ad attento monitoraggio con esami neurologici seriati. L'insorgenza di nuovi deficit neurologici o il peggioramento di quelli esistenti rappresenta un'indicazione a interrompere la riduzione chiusa.
ii. L'imaging di risonanza magnetica (MRI) è indicato in soggetti nei quali la riduzione chiusa abbia fallito, e in quelli obnubilati. Anche i pazienti trattati efficacemente mediante riduzione da svegli devono essere sottoposti a MRI, per verificare l'assenza di materiale discale o di ematomi. In presenza di una significativa ernia del disco, va effettuata una decompressione anteriore prima della riduzione posteriore definitiva e/o della stabilizzazione.
iii. Una volta ridotta, la frattura-lussazione è stabilizzata.

(a) Lussazione monolaterale delle faccette - Queste lussazioni possono risultare stabili in posizione ridotta e andare incontro ad auto-fusione con un periodo d'immobilizzazione (12 settimane), ma è necessario un monitoraggio attento.
(b) Lussazione bilaterale delle faccette - Il trattamento standard prevede la stabilizzazione chirurgica. In passato venivano preferite procedure posteriori, trattando la struttura lesa in maniera migliore dal punto di vista biomeccanico e anatomico. L'approccio anteriore ha dimostrato di raggiungere un'adeguata stabilità clinica grazie ai nuovissimi sistemi di posizionamento di placche. Attualmente, gli approcci anteriore e posteriore rappresentano valide alternative.


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Figura 6 Classificazione di Allen-Ferguson delle fratture cervicali subassiali.
A, Lesione da flessione compressiva. Stadio 1, margine vertebrale antero-superiore smusso e arrotondato; stadio 2, riduzione dell’altezza anteriore del corpo vertebrale e forma antero-inferiore a rostro; stadio 3, linea di frattura dalla superficie anteriore del corpo vertebrale con estensione in obliquo attraverso il piatto subcondriale con frattura del rostro; stadio 4, spostamento inferiore ai 3 mm del margine vertebrale postero-inferiore nel canale vertebrale; e stadio 5, spostamento superiore ai 3 mm della parte posteriore del corpo. B, Lesione da compressione verticale. Stadio 1, frattura della limitante somatica superiore o inferiore, con formazione di una concavità nella parte centrale della limitante somatica stessa; stadio 2, frattura di entrambe le limitanti somatiche; e stadio 3, frammentazione e dislocazione del corpo vertebrale. C, Lesione da distrazione in flessione. Stadio 1, sublussazione delle faccette in flessione e ampliamento della distanza interspinosa; stadio 2, dislocazione monolaterale delle faccette; stadio 3, dislocazione bilaterale delle faccette con traslazione anteriore del corpo vertebrale inferiore al 50%; e stadio 4, dislocazione bilaterale delle faccette con traslazione anteriore del 100% del corpo vertebrale. D, Lesione compressiva da estensione. Stadio 1, frattura monolaterale dell’arco vertebrale (1A, processo articolare; 1B, frattura del peduncolo; 1C, frattura della lamina); stadio 2, fratture bilaminari; stadio 3, fratture bilaminari degli archi vertebrali e parziale traslazione anteriore del corpo vertebrale; stadio 4, ulteriore spostamento in avanti del corpo vertebrale; e stadio 5, traslazione del 100% del corpo vertebrale anteriore. E, Lesione da distrazione in estensione. Stadio 1, danno al complesso legamentoso anteriore con possibile ampliamento dello spazio discale e frattura a goccia; stadio 2, traslazione posteriore del corpo vertebrale superiore. F, Lesione da flessione laterale. Stadio 1, frattura da compressione asimmetrica del corpo vertebrale con frattura omolaterale associata dell’arco vertebrale; e stadio 2, dislocazione di una frattura dell’arco omolaterale.
(Riproduzione da BKB, Eismont F: Cervical spine fractures and dislocations, in Fardon DF, Garfin SR, Abitbol JJ, Boden SD, Herkowitz HN, Mayer TG [eds]: Orthopaedic Knowledge Update: Spine 2. Rosemont, IL, American Academy of Orthopaedic Surgeons, 2002, pp 247-262). 


   

MODULO 1:
CONOSCENZE FONDAMENTALI

MODULO 2:
COLONNA VERTEBRALE