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Capitolo 7 - Traumi della colonna vertebrale

Warren D. Yu, MD

V. Fratture lombosacrali

A. Fratture lombari inferiori

1. Le fratture del tratto inferiore della colonna vertebrale lombare (da L3 a L5) sono meno comuni rispetto a quelle toraco-lombari.

  • Il tratto inferiore della colonna vertebrale lombare ha una curvatura lordotica sul piano sagittale che pone l'asse portante tra la colonna centrale e quella posteriore, rendendo questa zona maggiormente stabile intrinsecamente.
  • Le faccette sono allineate lungo il piano sagittale, che può tollerare momenti di maggior flessione-estensione prima della rottura.
  • La giunzione lombo-sacrale è situata in profondità nella pelvi ed è in grado di sopportare grandi forze trasmesse attraverso la stessa.

2. Questa regione ha grandi capacità di tollerare momenti di flessione, quindi un danno alla colonna anteriore (frattura da compressione) deve far sorgere il sospetto di una lesione legamentosa posteriore, soprattutto se si osserva una riduzione dell'altezza vertebrale > 50%.

3. Le fratture da scoppio sono più comuni di quelle da compressione perché l'asse portante è situato più posteriormente.

  • La maggior parte delle lesioni si verifica con il rachide in posizione neutra, portando il carico assiale sulle colonne anteriore e centrale.
  • È possibile riscontrare gradi variabili di retropulsione; tuttavia, l'incidenza di significativi e permanenti deficit neurologici è molto inferiore rispetto al tratto superiore della colonna, in quanto il midollo spinale termina sopra tale livello, e la cauda equina e le radici dei nervi tollerano maggiormente la compressione.

4. Le lesioni da flessione-distrazione sono responsabili di poco meno del 10% delle fratture della colonna vertebrale lombare.

  • Tali fratture sono più comuni tra L2 e L4, perché a livello di L5 i legamenti pelvici e ileo-lombari imprimono stabilità.
  • Un vasto momento di flessione provoca la flessione dei segmenti lombari superiori, mente quelli inferiori risultano stabilizzati, determinando un danno dell'elemento posteriore in tensione.

5. Trattamento

  • La maggior parte dei pazienti con fratture del tratto inferiore della colonna lombare può essere trattata in maniera non chirurgica, con un breve periodo di riposo a letto seguito da immobilizzazione con ortosi toraco-lombosacrale per 12 settimane.
  • Per le fratture di L4 e L5 può risultare necessaria un'attaccatura con spica a una gamba per controllare la giunzione lombo-sacrale.
  • Nei pazienti con sindrome da cauda equina o importanti deficit neurologici con severa compromissione del canale va presa in considerazione una decompressione e stabilizzazione chirurgica.

i. Tipicamente, è possibile eseguire una decompressione utilizzando un approccio posteriore mediante laminectomia, con ripristino dell'equilibrio sagittale.
ii. Il fissaggio si estende un livello sopra e uno sotto la lesione.

B. Fratture della colonna vertebrale sacrale

1. Solitamente le fratture sacrali sono l'esito di traumi ad alta energia, e raramente si verificano in maniera isolata; vanno ricercate altre lesioni pelviche e della colonna.

2. Le fratture del sacro possono essere verticali (le più comuni), trasverse od oblique.

3. La classificazione di Denis divide il sacro in 3 zone.

  • La zona 1 si estende dall'ala sacrale al margine laterale del forame neurale.
  • La zona 2 riguarda il neuroforame.
  • La zona 3 interessa la parte centrale del sacro e il canale.

4. Le fratture del sacro risultano  spesso associate a deficit radicolari, dal momento che le radici sacrali sono legate e vincolate all'interno dei tunnel ossei, che ne limitano la mobilità.

5. La direzione della linea di frattura e la zona di frattura determinano la probabilità di un danno neurologico.

  • Le fratture della zona 1 sono le fratture sacrali più comuni, sono verticali od oblique e determinano deficit neurologici nel 6% dei pazienti.
  • Le fratture della zona 2 rappresentano il 36% delle fratture sacrali, sono verticali od oblique e determinano deficit neurologici nel 30% dei pazienti. Dal momento che questi deficit sono monolaterali, il paziente presenterà una funzionalità intestinale e vescicale normali.
  • Le fratture della zona 3 sono le meno comuni, sono orizzontali o verticali, e si associano a una probabilità di deficit neurologico del 60% con coinvolgimento delle radici sacrali bilaterali, con conseguenti disfunzioni intestinali, vescicali e sessuali.

6. Trattamento

  • Il trattamento più appropriato dipende dalla sede e dal tipo di frattura, dalla presenza di inclusione, dall'integrità delle faccetta L5-S1, dall'associazione di fratture pelviche  e dal deficit neurologico.
  • Ogni frattura sacrale verticale che risulti inclusa e senza spostamento verticale o dismetria degli arti può essere gestita con un tentativo non chirurgico, giacché l'inclusione garantisce una certa stabilità alla frattura e all'anello pelvico.
  • Il trattamento delle fratture scomposte della zona 1 deve essere rivolto all'anello pelvico anteriore, seguito da fissazione ileo-sacrale percutanea con viti.
  • Il trattamento delle fratture scomposte della zona 2 è simile a quello per le lesioni della zona 1; tuttavia, per evitare ulteriori lesioni alle radici sacrali, le viti ileo-sacrali non vanno posizionate mediante compressione.

i. Se persiste compressione dopo la stabilizzazione, sarà necessaria una decompressione posteriore.
ii. Nelle lesioni fortemente instabili con importante comminuzione o lussazione, o in quelle con compromissione dell'articolazione L5-S1, deve essere presa in considerazione una fissazione spino-pelvica.

  • Le lesioni della zona 3 implicano generalmente un tipo di frattura pelvica a libro aperto, con diastasi anteriore e ampie fluttuazioni della frattura sacrale posteriormente.

i. Il trattamento iniziale deve essere rivolto alla rottura dell'anello pelvico, seguito dalla fissazione posteriore con viti, se necessario.
ii. Le indicazioni per il fissaggio spino-pelvico comprendono la presenza di una lacerazione verticale o la rottura delle faccette L5-S1.

Elementi salienti

 

1. I pazienti con spondilite anchilosante hanno un rischio aumentato di fratture della colonna vertebrale per traumi minori, e possono presentare un peggioramento neurologico secondario a ematomi epidurali.

 

2. Fratture vertebrali non contigue possono riguardare fino al 24% dei pazienti, e sono comuni in caso di trauma cranico, lesione del tratto cervicale superiore o di quello cervicotoracico.

 

3. La sindrome di Brown-Séquard presenta la prognosi migliore ai fini della deambulazione, quella del midollo centrale è caratterizzata da un recupero variabile, e quella del midollo anteriore ha la prognosi peggiore.

 

4. Nei pazienti con SCI deve essere evitata l’ipotensione (pressione arteriosa sistolica < 90 mm Hg), mantenendo una pressione arteriosa media compresa tra 85 e 90 mm Hg per scongiurare SCI secondarie.

 

5. Secondo il terzo National Acute Spinal Cord Injury Study (NASCIS III), quando tra la lesione e il trattamento trascorrono meno di 3 ore il protocollo prevede un bolo di metilprednisolone da 30 mg/kg, seguito da 5,4 mg/kg/ora per 23 ore. Quando il lasso temporale trascorso dalla lesione è compreso tra 3 e 8 ore, l’infusione viene continuata a 5,4 mg/kg/ora per altre 23 ore (per un totale di 48 ore).

 

6. Nelle fratture di C1, qualora entrambe le masse laterali risultino significativamente dislocate e sia presente una sporgenza laterale associata > 7 mm, è probabile che il legamento trasverso sia danneggiato.

 

7. Un complesso legamentoso posteriore intatto deve essere considerato come prerequisito per il trattamento non chirurgico di una frattura da scoppio.

 

8. Le fratture del boia di tipo 2A (spondilolistesi traumatica) mostrano flessione con modesta traslazione, e possono andare incontro a sovradistrazione con una forza minima; se viene riconosciuto questo tipo di frattura la trazione va evitata.

 

9. Le lesioni viscerali addominali risultano comunemente (50%) associate a lesioni da flessione-distrazione della colonna vertebrale toraco-lombare.

 

10. La maggior parte delle fratture del tratto inferiore della colonna lombare può essere trattata in maniera non chirurgica, con risultati eccellenti.

   

MODULO 1:
CONOSCENZE FONDAMENTALI

MODULO 2:
COLONNA VERTEBRALE