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Capitolo 8 - Patologie degenerative della colonna cervicale

K. Daniel Riew, MD Jeffrey C. Wang, MD

IV. Mielopatia cervicale

A. Panoramica

1. La mielopatia cervicale descrive una costellazione di sintomi e segni provocati da un disturbo compressivo del midollo spinale cervicale.

2. La presentazione clinica può essere quasi inapparente, nelle sue manifestazioni precoci.

3. La diagnosi può facilmente sfuggire, o essere erroneamente attribuita al "normale" invecchiamento.

4. La storia naturale è solitamente caratterizzata da periodi di stabilità scanditi da un'imprevedibile progressione per stadi successivi.

5. Per ottenere outcome ottimali, è necessario che questa condizione sia riconosciuta e trattata precocemente, prima dell'insorgenza di un danno irreversibile.

B. Presentazione clinica

1. Arti superiori

  • Sensazione generalizzata d'impaccio alle braccia e alle mani; gli oggetti sfuggono alla presa
  • Incapacità di maneggiare oggetti fini quali monete o bottoni
  • Problemi nella scrittura manuale
  • Torpore diffuso (tipicamente non dermatomerico)

2. Arti inferiori

  • Instabilità nell'andatura - I pazienti lamentano la sensazione di perdita dell'equilibrio e di "andare a sbattere contro i muri", camminando.
  • I pazienti con gravi compressioni midollari possono presentare anche il segno di Lhermitte: sensazioni simili a scosse elettriche che s'irradiano lungo la colonna o gli arti inferiori, quando il collo assume determinate posizioni.

3. Sintomi a insorgenza tardiva, o non sempre presenti

  • Debolezza soggettiva
  • Sintomatologia intestinale e vescicale
  • Molti pazienti negano riduzioni della forza muscolare.
  • Assenza di dolore cervicale, nonostante il grado avanzato di spondilosi
  • Molti pazienti non presentano sintomi o segni radicolari.
  • Quando la patologia è in stadio precoce e maggiormente trattabile, può risultare necessario un elevato grado di sospetto per porre diagnosi di mielopatia.

4. Esame obiettivo

  • Una marcata debolezza dei principali gruppi muscolari degli arti superiori e inferiori è relativamente poco comune.
  • Disfunzioni della colonna dorsale (propriocettive) si manifestano negli stadi avanzati di malattia, associandosi a una prognosi sfavorevole.
  • Può essere presente iper-reflessia a livello degli arti superiori o di quelli inferiori, indicativa di compressione midollare.
  • I soggetti affetti da mielopatia concomitante a disturbi nervosi periferici, determinati da patologie quali il diabete, neuropatie periferiche o gravi stenosi foraminali cervicali a più livelli, possono presentare ipo- o areflessia.
  • I soggetti affetti da mielopatia cervicale con stenosi lombare concomitante possono presentare iper-reflessia agli arti superiori, indicativi di un disturbo del motoneurone superiore, associati a iporeflessia a quelli inferiori per compressione del livello radicolare nella colonna lombare.

C. Diagnosi differenziale

1. La spondilosi, o l'alterazione degenerativa in grado di determinare la condizione nota come mielopatia spondilotica cervicale (CSM, cervical spondylotic myelopathy), è la causa più comune di mielopatia cervicale nei soggetti ultracinquantenni.

  • La causa abituale di compressione midollare, nella CSM, è rappresentata da sporgenze anteriori (quali rigonfiamenti, ossificazioni o erniazioni discali) o da speroni osteofitosici anteriori.
  • Con minor frequenza possono contribuire condizioni coinvolgenti le strutture posteriori, come l'ipertrofia o, raramente, ossificazioni del legamento giallo.
  • Anche le spondilolistesi degenerative possono esacerbare o determinare compressione.
  • La CSM insorge generalmente nel contesto di un canale cervicale congenitamente stretto. Spesso la CSM non diviene sintomatica fino alle ultime decadi di vita, in quanto il midollo può avere spazio sufficiente per evitare la compressione fino all'accumularsi di un livello soglia di alterazioni degenerative occupanti spazio.

2. Meno spesso possono determinare una mielopatia cervicale altre cause di compressione midollare a questo livello, quali ascessi epidurali, tumori e traumi. Questi casi, in genere, si presentano in modo leggermente diverso con dolore, sintomi costituzionali o la positività anamnestica per traumi, oltre a problemi di mielopatia.

3. La cifosi (primaria o conseguente a laminectomia) è un'altra causa poco frequente.

4. Deve essere presa in considerazione un'ampia diagnosi differenziale, comprendendo patologie extra-vertebrali quali ictus, disturbi del movimento e la sclerosi multipla.

D. Valutazioni di imaging

1. MRI

  • Per confermare una compressione del midollo spinale sono necessarie sia la MRI sia la mielografia TC.
  • L'MRI è un'indagine non invasiva che fornisce adeguate caratteristiche d'immagine nella maggior parte dei pazienti.
  • Alla MRI del midollo possono essere documentate alterazioni di segnale indicative di gravi compressioni.
  • Un rapporto di compressione < 0,4 (misurato come rapporto tra il diametro midollare sagittale minore e quello trasverso maggiore allo stesso livello) è un altro riscontro indicativo di prognosi sfavorevole. Per contro, un incremento del rapporto di compressione verso un valore > 0,4 nel post-operatorio correla con la guarigione clinica.

2. Mielografia TC

  • Prendere in considerazione la mielografia TC quando non è possibile sottoporre il paziente a MRI per motivi clinici (ad es.: portatori di pace-maker cardiaci, di clip per aneurismi o claustrofobia severa), o qualora componenti in metallo o cicatrici residuate da precedenti interventi chirurgici cervicali impediscano un'adeguata visualizzazione alla MRI per artefatti.
  • La mielografia TC può aiutare a diagnosticare la presenza di OPLL, che possono non risultare evidenti alla MRI o alle radiografie semplici, ma che possono avere un effetto marcato sull'approccio chirurgico.

E. Trattamento

1. La CSM è una condizione tipicamente progressiva, ed è considerata una patologia chirurgica; la compressione midollare può provocare mielopatia per effetto ischemico derivante dallo schiacciamento dell'arteria spinale anteriore o per effetto meccanico diretto sulla funzionalità midollare.

2. Il trattamento chirurgico ha mostrato di migliorare gli outcome funzionali, la sintomatologia dolorosa e le condizioni neurologiche, e rappresenta la terapia di elezione.

3. Un intervento precoce, prima che si verifichino alterazioni permanenti e distruttive a livello midollare, migliora la prognosi.

4. Se si sceglie una strategia non chirurgica, è imperativo un follow-up scrupoloso e frequente. Possono essere presi in considerazione l'utilizzo di ortesi rigide, di antinfiammatori, di esercizi isometrici e di steroidi per via epidurale.

F. Panoramica delle opzioni terapeutiche chirurgiche

1. L'approccio chirurgico ottimale è ampiamente dibattuto. Tra le possibili strategie vi sono la laminectomia con o senza fusione, l'ACDF e la laminoplastica.

2. Nessuna procedura risulta chiaramente favorita in tutte le circostanze, e le considerazioni seguenti possono rendere preferibile un approccio piuttosto di un altro:

  • Numero di livelli stenotici presenti
  • Fattori legati al paziente, quali le comorbilità
  • Desiderio di limitare o di preservare la motilità

G. Laminectomia senza fusione

  • Efficace nelle colonne vertebrali stabili, fino a quando le faccette risultano prevalentemente conservate
  • In seguito a un intervento di laminectomia è possibile l'insorgenza di cifosi, con tassi variabili tra l'11 e il 47%. Malgrado tale complicanza possa potenzialmente determinare recidive di mielopatia, se il midollo resta avvolto o compresso al di sopra della cifosi, l'incidenza di problemi neurologici clinicamente evidenti derivanti da tale complicanza è poco chiara.

H. Laminectomia con fusione

1. Questa procedura evita i problemi connessi alla semplice laminectomia.

2. Vantaggi potenziali

  • Miglioramento delle cervicalgie spondilotiche e prevenzione della cifosi conseguente a laminectomia
  • È possibile migliorare una cifosi pre-esistente, dopo un intervento di laminectomia, posizionando il collo in estensione, prima di assicurare la strumentazione; per gradi maggiori di cifosi è solitamente raccomandato un approccio antero-posteriore.

3. Malgrado i vantaggi nei confronti della laminectomia semplice, la laminectomia con fusione può essere superata da procedure alternative.

4. Quando la fusione non è necessaria, la laminoplastica può rappresentare una scelta migliore.

I. Decompressione cervicale anteriore e fusione

1. L'ACDF può decomprimere in maniera diretta le strutture più frequentemente responsabili di compressione midollare, quali dischi erniati, barre spondilotiche e OPLL.

2. L'ACDF può inoltre attenuare direttamente le compressioni neurali dovute a cifosi rimuovendo i corpi vertebrali sovrastanti la compressione midollare.

3. La procedura aiuta a migliorare le cervicalgie spondilotiche, può correggere e ridurre le cifosi, immobilizza e protegge il segmento midollare sottoposto a decompressione, e previene le recidive di malattia al di sopra dei segmenti fusi.

4. Con la chirurgia anteriore sono stati documentati dei tassi eccellenti di recupero neurologico, nelle mielopatie.

5. Nelle mielopatie a insorgenza da uno o due spazi discali, il trattamento di elezione per la maggior parte dei pazienti è rappresentato da un'ACDF a singolo o doppio livello (o da una somatotomia a livello singolo per le patologie di due segmenti motori). Per gli individui con stenosi in tre o più segmenti discali la supremazia di un approccio anteriore non è, tuttavia, così netta.

J. Corpectomia anteriore multilivello e fusione

1. L'incidenza di pseudartrosi, in seguito a intervento di corpectomia anteriore multilivello e fusione, oscilla tra l'11 e il 40%.

2. Meno frequente, ma più problematica, è la dislocazione di un innesto, con un'incidenza riferita compresa tra il 7 e il 20% dei casi, che può associarsi a danno neurologico, lesioni esofagee e persino a ostruzioni potenzialmente letali delle vie aeree.

3. Le somatotomie non fissate con lunghi innesti strutturali hanno fornito buoni risultati clinici, ma richiedono scomode immobilizzazioni rigide esterne e sono state associate a morbilità dell'innesto peroneo autologo.

4. Può essere prudente ricorrere a fissaggi e fusioni posteriori supplementari, se anteriormente si rende necessario un lungo innesto strutturale per fornire migliore stabilità e ridurre l'incidenza di espulsione dell'innesto e di pseudartrosi.

5. Tutti gli interventi di fusione anteriore si associano a dei rischi relativamente modesti, ma reali, intrinseci a questo tipo di approccio, quali disturbi permanenti del linguaggio e della deglutizione, ostruzione delle vie aeree, lesioni esofagee o dell'arteria vertebrale; i rischi sono verosimilmente maggiori per le ricostruzioni multilivello, rispetto a un'ACDF a livello singolo o doppio, per la durata maggiore dell'intervento e per il numero di livelli esposti.

K. Laminoplastica

1. Panoramica

  • La laminoplastica era stata inizialmente utilizzata in Giappone, ma sta guadagnando ampi consensi in Nord America. È una tecnica disegnata per ottenere una decompressione midollare posteriore multilivello evitando la principale complicanza associata alla laminectomia, la cifosi conseguente.
  • Una caratteristica comune a tutte le varianti di questa procedura è la creazione di una cerniera alla congiunzione tra la massa laterale e la lamina, assottigliando la corteccia dorsale senza arrivare alla sezione completa della corteccia ventrale, in modo da consentire la realizzazione di fratture a legno verde.
  • Nella maggior parte dei casi viene eseguita una procedura da C3 a C7.

2. Tecniche chirurgiche

  • Le tipologie più comuni di laminoplastica sono quella "a porta aperta" e quella bilaterale. Le differenze tra queste tecniche sono elencate nella Tabella 3.
  • L'apertura della laminoplastica amplia lo spazio a disposizione del midollo, che si allontana dalle lesioni compressive per spostarsi nello spazio realizzato; questo può essere mantenuto pervio con materiale osseo (processo spinoso autologo o allotrapianto costale), suture, ancore per suture o placchette realizzate appositamente.

3. La laminoplastica presenta diversi vantaggi rispetto alla chirurgia anteriore, in pazienti adeguatamente selezionati.

  • In genere è un intervento più sicuro e tecnicamente più facile da eseguire, rispetto alla somatotomia anteriore multilivello, specialmente nei soggetti con stenosi severe o con OPLL che richiedano la resezione, dal momento che viene effettuata una decompressione indiretta.
  • È una procedura che preserva la motilità.

i. Non è necessaria alcuna fusione, eliminando in tal modo tutte le complicanze a essa correlate.
ii. Si evita la pseudartrosi nei soggetti ad alto rischio di tale complicanza, come quelli affetti da diabete, gli anziani e le persone in terapia cronica con steroidi.

  • La laminoplastica non preclude una successiva procedura anteriore. Se il paziente presenta una stenosi persistente dopo la laminoplastica, è possibile eseguire decompressioni focali anteriori ai livelli interessati in momenti successivi.

4. Complicanze

  • Paresi post-operatoria della radice segmentaria

i. Tale complicanza si manifesta nel 5-12% dei pazienti.
ii. Pur potendo interessare anche altre radici, la paralisi riguarda con maggiore frequenza C5, determinando debolezza del deltoide e del bicipite.
iii. Le paralisi sono in genere prevalentemente motorie, pur potendo presentarsi anche disfunzioni sensitive e algie radicolari.
iv. Può comparire paralisi in qualsiasi momento successivo all'intervento, da subito fino a 20 giorni dopo, complicando quella che poteva essere sembrata un'efficace decompressione midollare.

  • Dolore cervicale

i. Non eseguendo alcuna artrodesi, non si dovrebbe ricorrere alla laminoplastica per trattare una spondilosi dolorosa.
ii. Non è ancora stato chiarito se le cervicalgie associate alla laminoplastica riflettano sintomi post-operatori di nuova insorgenza o semplicemente la persistenza del dolore spondilotico pre-operatorio.

  • Riduzione della motilità

i. La riduzione della motilità può essere correlata alla lesione delle faccette articolari con anchilosi o fusione spontanee, o alle alterazioni dell'elasticità tissutale e muscolare conseguente all'esposizione chirurgica posteriore.
ii. Un'immobilizzazione post-operatoria prolungata può contribuire al problema.
iii. Il posizionamento di innesti ossei dal lato della cerniera, per agevolarne i processi riparativi, può determinare anchilosi o fusioni intersegmentarie indesiderate.
iv. È possibile limitare la riduzione della motilità utilizzando un'immobilizzazione post-operatoria a breve termine ed evitando innesti ossei dal lato della cerniera.

5. Considerazioni relative al paziente con cifosi pre-operatoria

  • Un ripristino della situazione precedente, che si verifica con buona probabilità in una colonna cervicale lordotica o neutrale, può non verificarsi nel contesto di una cifosi significativa.
  • L'assenza di lordosi non rappresenta una controindicazione assoluta alla laminoplastica.

i. Nei soggetti affetti da cifosi con lesioni compressive a insorgenza posteriore, la laminoplastica può consentire l'ottenimento anche di un effetto decompressivo diretto, malgrado la cifosi.
ii. Nei soggetti affetti da cifosi con stenosi cervicali serrate, la laminoplastica può essere considerata quale prima opzione chirurgica, eseguendo successivamente, se necessario, procedure per via anteriore.

 


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Tabella 3. Tecniche di laminoplastica


L. Chirurgia combinata anteriore e posteriore

1. La chirurgia combinata anteriore e posteriore è fortemente raccomandata nei soggetti affetti da cifosi conseguente a laminectomia.

2. Dall'esecuzione di una somatotomia multilivello a scopo decompressivo sul midollo deriva un ambiente biomeccanico estremamente instabile per la laminectomia pre-esistente: il lato destro della colonna risulta disconnesso da quello sinistro.

3. È raccomandabile un fissaggio supplementare posteriore, per aumentare la stabilità della struttura.

4. Nei soggetti con cifosi significative e con necessità di decompressione multilivello anteriore andrebbero presi in considerazione un fissaggio supplementare posteriore e la fusione.

M. Ossificazione del legamento longitudinale posteriore

1. Panoramica/epidemiologia

  • L'OPLL rappresenta una causa potenziale di mielopatia cervicale.
  • L'OPLL è comune nelle popolazioni asiatiche, ma non è limitato a esse.
  • La causa dell'OPLL resta poco chiara, ma è verosimilmente multifattoriale e correlata a influenze genetiche, ormonali e ambientali. I fattori coinvolti comprendono il diabete, l'obesità, un'alimentazione ricca di sale e a basso contenuto di cibi carnei, uno scarso assorbimento calcico, tensioni meccaniche a livello del legamento longitudinale posteriore e persino alcune abitudini legate al sonno.

2. Presentazione del paziente - I pazienti possono essere del tutto asintomatici, o presentare una mielopatia severa.

3. Considerazioni legate al paziente

  • All'OPLL si applicano le stesse linee guida generali utilizzate per la scelta dell'approccio alla CSM.
  • Nei soggetti con OPLL grave può risultare più sicuro e preferibile un approccio posteriore, indipendentemente dal numero di livelli stenotici interessati.

4. Trattamento - Come per la CSM, il trattamento della mielopatia dovuta a OPLL è solitamente chirurgico.

  • Resezione diretta attraverso un approccio anteriore - Un modo per evitare problematiche lacerazioni durali è quello di consentire a un OPLL aderente di potersi muovere anteriormente, dopo una somatotomia, senza doverlo necessariamente rimuovere.
  • Fusione intervertebrale senza decompressione

i. Questa tecnica, della quale sono stati riferiti esiti sorprendentemente buoni, è indicata nei pazienti con sintomi mielopatici dinamici. Attraverso l'immobilizzazione e la fusione delle aree stenotiche, è possibile evitare traumi midollari ripetuti da parte della massa ossificata.
ii. Per ottenere la decompressione midollare senza la resezione di un OPLL può essere utilizzato anche un approccio posteriore con laminoplastica.
iii. Approcci posteriori che non prevedono la sezione di un OPLL, quali la laminoplastica e la laminectomia, pongono le basi per la formazione post-operatoria di un OPLL.

5. Complicanze

  • Per evitare la formazione post-operatoria di OPLL, sono stati propagandati approcci anteriori con mobilizzazione dell'OPLL o con la sua rimozione completa.
  • Le procedure posteriori, per contro, si associano alla tendenza verso un allargamento radiografico dell'OPLL, successivamente all'intervento.

Elementi salienti

 

Radicolopatia cervicale

 

1. Le radici nervose cervicali emergono al di sopra dei peduncoli numerati corrispondenti (la radice di C6 esce tra C5 e C6).

 

2. Devono essere effettuati tentativi non chirurgici nella maggior parte dei casi di radicolopatia cervicale. Varie forme di terapia non chirurgica attenuano la sintomatologia dolorosa, ma possono non alterare la storia naturale della malattia.

 

3. La gestione chirurgica fornisce outcome eccellenti e prevedibili in soggetti affetti da disfunzioni neurologiche progressive, o che non ottengono miglioramenti con il tempo o i trattamenti non chirurgici. Nelle circostanze appropriate è possibile scegliere un approccio anteriore o uno posteriore, sapendo che nessuno dei due è perfetto e che entrambi presentano pro e contro.

 

4. Tra i problemi associati all’ACDF vi sono le complicanze persistenti del linguaggio e della deglutizione.

 

Mielopatia cervicale

 

1. La mielopatia cervicale solitamente è una patologia chirurgica.

 

2. È raccomandato il trattamento precoce, prima dell’insorgenza di un danno midollare permanente.

 

3. Nei soggetti con mielopatia a insorgenza da uno o due segmenti discali è indicato un approccio anteriore.

 

4. La laminoplastica risulta indicata nei soggetti con coinvolgimento multilivello (tre o più spazi discali).

 

5. Un approccio combinato antero-posteriore è indicato nei soggetti con stenosi multilivello e cifosi, o in quelli con cifosi conseguente a laminectomia.

 

6. La procedura chirurgica scelta deve essere personalizzata al tipo specifico di stenosi del paziente, alle sue comorbilità e ai sintomi. Occorre evitare di seguire strettamente dei protocolli relativi ad algoritmi rigidi.

 

   

MODULO 1:
CONOSCENZE FONDAMENTALI

MODULO 2:
COLONNA VERTEBRALE