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Capitolo 6 - Coagulazione e tromboembolismi

Craig J. Della Valle, MD

III. Profilassi

A. Spesso è necessario ricorrere ad alcune forme di profilassi, considerati il rischio elevato di tromboembolismi nei soggetti da sottoporre a interventi di chirurgia ortopedica maggiore, la difficoltà nel diagnosticare tali eventi e il loro potenziale di morbilità e mortalità (circa due terzi dei pazienti che presentano EP fatali decedono entro 60 minuti dall'insorgenza dei sintomi). È necessaria la profilassi in tutti i soggetti da sottoporre a THA o a TKA, e in quelli con fratture del collo del femore.

B. La durata ottimale della profilassi è incerta; tuttavia, i pazienti potrebbero risultare a rischio di eventi tromboembolici per diverse settimane, dopo l'intervento.

C. Approcci meccanici

  1. 1. Sistemi di compressione sequenziale
    a. Agiscono aumentando il flusso venoso di picco, riducendo la stasi venosa.
    b. Stimolano il sistema fibrinolitico.
    c. Non presentano alcun rischio di sanguinamento.
    d. Sono frequenti una scarsa compliance e/o un'applicazione inappropriata, da parte dei pazienti.
    e. Nei soggetti che effettuano una TKA è stata documentata una buona efficacia.
  2. Sistemi di compressione plantare
    a. La compressione del plesso venoso del piede produce un flusso pulsatile a livello del sistema venoso profondo dell'arto (simulando la deambulazione).
    b. Non sono disponibili dati sufficienti per raccomandare il ricorso unicamente a questi sistemi.
  3. Calze a compressione graduata
    a. Queste calze producono una pressione differenziale tra le porzioni distale e prossimale dell'estremità inferiore, riducendo la stasi venosa.
    b. Queste calze andrebbero utilizzate solamente in aggiunta, e non come unico strumento di profilassi.
  4. Filtri profilattici della vena cava inferiore (VCI)

    a. I filtri cavali sono dispositivi recuperabili, posizionati generalmente prima dell'intervento, e quindi rimossi elettivamente da 10 a 14 giorni dopo.
    b. Indicazioni
  • Pazienti che necessitano di interventi chirurgici nel contesto di un recente evento tromboembolico.
  • Pazienti con patologie croniche e traumi multipli (indicazione relativa).
  • Possono essere presi in considerazione nei pazienti ad alto rischio di tromboembolismi (ad es., quelli che presentano condizioni ipercoagulative ereditarie). In questi casi è utile la consulenza di un ematologo.

D. Approcci farmacologici (Tabella 3)

  1. 1. Eparina non frazionata (UFH, unfractionated heparin)
    a. Si lega all'antitrombina III, potenziandone gli effetti inibitori sulla trombina (fattore IIa) e sul fattore Xa.
    b. Maggior rischio di sanguinamento e minore efficacia rispetto all'eparina a basso peso molecolare (LMWH, low-molecular-weight heparin).
    c. Rischio aumentato di piastrinopenia eparina-indotta, dovuta ad anticorpi dipendenti dall'eparina attivanti le piastrine.
    d. L'eparina a basse dosi fisse (5000 U sottocute due volte al giorno) è generalmente inefficace, nei pazienti ortopedici.
    e. Antagonizzata dall'impiego di solfato di protamina.
  2. Eparina a basso peso molecolare
    a. La LMWH deriva dal frazionamento dell'UFH in molecole più piccole e omogenee.
    b. La LMWH non è in grado di legare contemporaneamente l'antitrombina III e la trombina, esercitando quindi un maggior effetto inibitorio sul fattore Xa
    rispetto al fattore IIa (trombina).
    c. Fornisce maggiore protezione nei confronti delle TVP, senza inibire l'emostasi nelle sedi chirurgiche in maniera così marcata come l'UFH.
    d. Minore inibizione della funzionalità piastrinica e minor permeabilità vasale, rispetto all'UFH.
    e. Aumentata biodisponibilità (90%, rispetto al 35% dell'UFH).
    f. Prolungata emivita (somministrazione meno frequente).
    g. Non necessario il monitoraggio di laboratorio.
    h. Prima dose piena da 12 a 24 ore dopo l'intervento, o dopo l'ottenimento dell'emostasi a livello della sede chirurgica.
    i. Non andrebbe utilizzata in associazione con cateteri epidurali a permanenza, o nei soggetti sottoposti alla somministrazione traumatica di un anestetico neurassiale (in considerazione del rischio di emorragia epidurale). È possibile eseguire un'anestesia neurassiale a distanza di 12 ore dalla somministrazione di LMWH.
    j. Rispetto al warfarin, le LMWH si associano a una riduzione del rischio di TVP rilevabili strumentalmente, ma a un rischio aumentato di complicanze emorragiche.
    k. L'escrezione avviene principalmente a livello renale, per cui è necessario regolare il dosaggio nei soggetti affetti da insufficienza renale cronica.
    l. Sono attualmente disponibili diverse molecole, con differenze in termini di farmacocinetica, posologia e outcome.
  3. Fondaparinux
    a. Pentasaccaride di sintesi, inibente il fattore Xa per via indiretta.
    b. La posologia raccomandata è di 2,5 mg/die per via sottocutanea; la prima dose va somministrata da 6 a 12 ore dopo l'intervento.
    c. Riduzione dell'incidenza di TVP identificabili strumentalmente, rispetto all'enoxaparina, nelle fratture del collo del femore e nei pazienti sottoposti a TKA.
    d. Tendenza verso un aumento del rischio di complicanze emorragiche.
    e. Non raccomandata nei soggetti con un peso inferiore a 50 kg, o con insufficienza renale; non testata in associazione con cateteri epidurali a permanenza.
  4. Warfarin
    a. Antagonizza la vitamina K, che previene la gamma-carbossilazione dell'acido glutammico necessaria alla sintesi dei fattori II, VII, IX e X, e delle proteine C e S.
    b. Gli schemi posologici tipici partono dalla notte dell'intervento, non appena il paziente è in grado di tollerare l'assunzione di antidolorifici per via orale.
    c. L'effetto anticoagulante risulta ritardato di 24-36 ore rispetto all'inizio della terapia, e spesso il livello target dell'INR (International Normalized Ratio) viene raggiunto solo dopo 3 giorni dall'intervento.
    d. I livelli target di scoagulazione sono stati controversi; tuttavia, nei pazienti ortopedici si considera appropriato un INR target di 2,0.
    e. Vantaggi - bassi costi, somministrazione orale ed efficacia nella riduzione degli eventi tromboembolici sintomatici.
    f. Svantaggi - Difficoltà di dosaggio e necessità di un frequente monitoraggio ematico. I soggetti con alterata funzionalità epatica possono risultare ipersensibili al farmaco, che va quindi dosato e monitorato attentamente.
    g. Il warfarin interagisce con molti altri farmaci, in grado di potenziarne gli effetti (Tabella 4).
    h. Non raccomandata l'associazione d'impiego con i FANS per l'aumentato rischio di sanguinamento a livello della ferita chirurgica e in altre sedi (soprattutto emorragie gastrointestinali).
    i. Per i soggetti che assumono grosse quantità di alimenti ricchi di vitamina K (ad es.: ortaggi verdi a foglia larga) possono essere necessari dosaggi aumentati per raggiungere il livello target di INR.
    k. Reversibile con la somministrazione di vitamina K; una reversione completa può richiedere diversi giorni. Qualora si rendesse necessaria una reversione immediata, somministrare plasma fresco congelato.
  5. Aspirina
    a. L'aspirina si lega in maniera irreversibile alla ciclossigenasi (COX, cyclooxygenase) delle piastrine in fase di sviluppo e di quelle circolanti, inattivandola e inibendo la sintesi di trombossano A2, prostaglandina necessaria per l'aggregazione piastrinica.
    b. Vantaggi - Bassi costi, facilità di somministrazione e basso rischio di complicanze emorragiche.
    c. Il ruolo dell'aspirina, utilizzata da sola nella profilassi, è controverso data la minor efficacia rispetto ad altri farmaci, utilizzando l'evidenza venografica di TVP come endpoint. Sono necessari studi randomizzati per stabilire l'efficacia dell'aspirina.
  6. Quando utilizzata in associazione con anestetici neurassiali, e soprattutto con tecniche epidurali ipotensive, l'aspirina sembra associarsi a un rischio inferiore di eventi tromboembolici post-operatori, come conseguenza dell'aumentato afflusso ematico alle estremità inferiori.
  7. Le principali raccomandazioni della Seventh American College of Chest Physicians Conference on Antithrombotic and Thrombolytic Therapy, per i pazienti sottoposti a THA e a TKA, comprendono l'utilizzo di warfarin (obiettivo dell'INR da 2,0 a 3,0), LMWH o fondaparinux per almeno 10 giorni. Non viene raccomandato uno screening di routine con ecodoppler al momento della dimissione ospedaliera.
  8. Esistono dati a favore di una profilassi prolungata (fino a 35 giorni) nei soggetti sottoposti a THA, mentre la profilassi prolungata non si è dimostrata efficace in quelli sottoposti a TKA.


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Tabella 3. Agenti farmacologici per la profilassi tromboembolica
UFH (unfractionated heparin) = eparina non frazionata, LMWH (low-molecular-weight heparin) = eparina a basso peso molecolare



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Tabella 4. Comune interazioni farmacologiche con il warfarin


   

MODULO 1:
CONOSCENZE FONDAMENTALI

MODULO 2:
COLONNA VERTEBRALE