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Capitolo 6 - Infezioni della colonna vertebrale

Peter G. Whang, MD Jonathan N. Grauer, MD

III. Disciti e osteomieliti ematogene

A. Incidenza e microbiologia

1. Le infezioni piogeniche della colonna vertebrale non correlate a procedure chirurgiche, la maggior parte delle volte, insorgono secondariamente a disseminazione ematogena da sedi a distanza, per quanto sia anche possibile l'estensione diretta da strutture adiacenti.
2. Le infezioni ematogene della colonna vertebrale rappresentano il 2-7% circa di tutti i casi di osteomielite piogenica.
3. La distribuzione d'età è classicamente bimodale, con un picco modesto tra i 10 e i 20 anni e un altro, maggiore, nell'anziano.
4. L'incidenza delle infezioni piogeniche della colonna vertebrale è in aumento, molto probabilmente a causa del progressivo incremento del numero di procedure mediche invasive eseguite e della prevalenza crescente di pazienti immunodepressi.
5. Nelle infezioni ematogene della colonna, i microrganismi patogeni diffondono generalmente dalle porzioni vascolari delle limitanti somatiche vertebrali nello spazio discale relativamente avascolare, prima di diffondere ai corpi vertebrali adiacenti.

  • Inizialmente si riteneva che le infezioni potessero disseminare nella colonna per via retrograda, attraverso la rete di canali venosi privi di valvole dello spazio epidurale nota come plesso venoso di Batson, ma tale meccanismo ha recentemente perso credito.
  • In alternativa, è stato dimostrato come le limitanti somatiche cartilaginee contengano multiple anastomosi vascolari di piccole dimensioni e a basso flusso, in grado di fornire un ambiente ideale per l'insediamento e la proliferazione di microrganismi.
  • Con la progressione dell'infezione, la necrosi delle limitanti somatiche consente a tali agenti infettivi di penetrare nello spazio discale avascolare, dove risultano protetti dalle difese immunitarie dell'ospite.

6. Le disciti insorgono prevalentemente a livello del tratto lombare della colonna (dal 50 al 60%), seguito da quello toracico (dal 30 al 40%) e da quello cervicale (10%).
7. Fino al 17% dei soggetti affetti presenterà deficit neurologici derivanti dalla compressione degli elementi neurali conseguente al collasso progressivo della colonna vertebrale, o per estensione diretta dell'infezione stessa.
8. Lo S. aureus è l'agente patogeno più frequentemente responsabile delle infezioni piogeniche della colonna, venendo isolato fin nel 65% dei soggetti affetti.

  • I batteri enterici Gram-negativi possono risultare responsabili di un altro 20% dei casi di osteomieliti vertebrali e di disciti.
  • Con il continuo aumento della prevalenza di organismi antibiotico-resistenti, è aumentato anche il rischio d'infezione da MRSA.

B. Presentazione clinica

  1. Può risultare difficile la diagnosi differenziale tra queste infezioni e le patologie spondilotiche degenerative o le lesioni da stiramento/sovraffaticamento, per cui occorre sempre interrogare i pazienti in merito alla presenza di sintomi costituzionali o a recenti stati patologici, procedure a livello della colonna o viaggi che possano orientare la diagnosi di un'infezione.
  2. Spesso, i vari segni clinici non sono presenti; per es., solamente un terzo circa dei pazienti affetti da disciti riferisce l'insorgenza di iperpiressia.
  3. Dal momento che la presentazione clinica può risultare così aspecifica, la maggior parte dei soggetti presenta segni e sintomi riferibili all'infezione vertebrale per oltre 3 mesi prima della formulazione della diagnosi corretta.

C. Indagini diagnostiche

1. Esami di laboratorio

  • A causa della natura indolente di queste infezioni, la conta dei leucociti può risultare normale, mentre la VES e la PCR risultano elevate nel 90% dei pazienti affetti da discite.
  • La PCR aumenta generalmente in maniera più acuta rispetto alla VES all'insorgenza dell'infezione, normalizzandosi in maniera più rapida, rispetto alla VES, alla sua risoluzione.

2. Modalità di imaging

  • Come in tutti i casi in cui si sospetti un'infezione della colonna, le indagini di imaging iniziali saranno rappresentate dalle radiografie dirette, utili nella valutazione della stabilità strutturale della colonna vertebrale e in grado di rivelare la presenza di un processo patologico più aggressivo, quale l'erosione o la sclerosi delle limitanti somatiche, la distruzione degli spazi discali o il crollo dei corpi vertebrali; sfortunatamente, tali riscontri possono non risultare evidenti per settimane, o anche per mesi.
  • La TC fornisce maggiori informazioni sull'anatomia trasversale ossea, potendo dimostrare variazioni patologiche in fase più precoce, nel corso della malattia. Con l'aggiunta del contrasto, le immagini TC facilitano anche l'identificazione di raccolte liquide all'interno del muscolo psoas o dello spazio epidurale.
  • Le immagini radiografiche o alla TC possono evidenziare un "disco vuoto", caratterizzato dalla presenza di aria all'interno dello spazio discale; tale fenomeno si associa a una patologia degenerativa piuttosto che a infezioni, che possono invece provocare con maggiore frequenza raccolte di liquido nell'ambito dello spazio discale.
  • La RM rappresenta l'indagine di imaging ottimale per la conferma diagnostica delle disciti infettive.

i. Nell'ambito di un'infezione attiva, un disco a contenuto liquido e la presenza di edema a livello dei corpi vertebrali adiacenti appaiono chiari alle immagini pesate in T2 (Figura 2, A).
ii. Con il gadolinio, può essere osservabile l'assunzione di enhancement a livello paraspinale ed epidurale.

  • A differenza della maggior parte delle patologie neoplastiche, che coinvolgono primariamente il corpo vertebrale, i foci infettivi generalmente sono localizzati all'interno dello spazio discale; tale distinzione è utilizzabile per fare diagnosi differenziale tra questi due processi patologici.
  • In mancanza della RM, o quando questa si riveli inconcludente, possono risultare utili per la diagnosi di discite alcune indagini di medicina nucleare quali la scintigrafia ossea con tecnezio Tc 99m e quella con leucociti marcati con Indio-111. Tali metodiche di medicina nucleare risultano estremamente sensibili nell'identificazione delle infezioni, ma non altrettanto specifiche; per esempio, possono risultare positive anche in soggetti affetti da spodiloidosi degenerative.

3. Indagini colturali

  • Nei casi di sospetta osteomielite o discite ematogena si eseguono routinariamente emocolture.

i. Queste indagini colturali risultano positive nel 33% circa dei pazienti.
ii. La probabilità di isolare con successo un microrganismo specifico è maggiore quando le indagini colturali vengono effettuate prima della somministrazione di antibiotici, mentre il paziente presenta iperpiressia acuta.

  • Per la conferma diagnostica, e allo scopo di fornire campioni tissutali per le indagini colturali e di sensibilità ai farmaci, può anche risultare necessaria l'esecuzione di biopsie TC-guidate della lesione (Figura 2, B).

D. Gestione

1. La maggior parte delle infezioni piogeniche della colonna vertebrale è gestibile in maniera non chirurgica con antibiotici, l'immobilizzazione e altre terapie di supporto.

  • Occorre somministrare antibiotici ad ampio spettro per via parenterale in maniera empirica fino all'identificazione dell'agente patogeno specifico; a tal punto, si modificherà lo schema antibiotico in modo appropriato.
  • Il trattamento consiste generalmente nella somministrazione di antibiotici endovena per un minimo di 4-6 settimane, seguita da cicli variabili di antibiotici per via orale.
  • La risposta agli antibiotici va monitorata mediante valutazioni cliniche seriali e parametri di laboratorio, giacché le variazioni dello stato relativo all'infezione possono non risultare immediatamente evidenti alle indagini di imaging.
  • L'immobilizzazione della colonna può inoltre fornire sollievo dai sintomi e limitare l'insorgenza di deformità.

2. Un intervento può risultare indicato nei casi resistenti alla gestione non chirurgica, o che determinino deficit neurologici o deformità progressive, così come nelle situazioni per le quali non sia stato possibile pervenire a una diagnosi definitiva.

  • Gli obiettivi principali del trattamento chirurgico sono lo sbrigliamento della regione infetta, la decompressione degli elementi nervosi e la stabilizzazione delle deformità o delle instabilità vertebrali eventualmente presenti e conseguenti all'infezion
  • Le osteomieliti vertebrali e le disciti solitamente colpiscono il tratto anteriore della colonna, per cui vengono generalmente affrontate con accesso anteriore, ma il coinvolgimento degli elementi posteriori può anche rendere necessario un approccio posteriore.
  • Le procedure di sbrigliamento che determinano difetti significativi della colonna anteriore possono essere supportate da innesti strutturali o da impianti intervertebrali, al momento dell'intervento. I soggetti con instabilità significativa o con gravi deformità possono necessitare anche di strumentazioni supplementari posteriori, da posizionare simultaneamente o in momenti successivi, per ottenere artrodesi stabili.
  • Il gold standard per i materiali d'innesto necessari per la fusione, specialmente nel caso delle infezioni, resta l'osso autologo; tuttavia, in questi pazienti, possono risultare accettabili anche allotrapianti e/o impianti metallici.


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Figura 2. Immagini relative alla colonna vertebrale di un soggetto immunodepresso, con funzioni neurologiche intatte, affetto da discite della colonna toracica. A, RM sagittale pesata in T2. Il microrganismo responsabile dell’infezione è stato identificato mediante biopsia TC-guidata (B). Il paziente è stato trattato con terapia antibiotica e di sostegno. 


   

MODULO 1:
CONOSCENZE FONDAMENTALI

MODULO 2:
COLONNA VERTEBRALE