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Capitolo 10 - Osteoporosi della colonna e fratture da compressione vertebrale

Ben B. Pradhan, MD, MSE

III. Imaging diagnostico

A. Radiografia standard

1. La radiografia standard costituisce la modalità iniziale di elezione per le VCF.

2. Spesso questi individui presentano una demineralizzazione diffusa della colonna, che si manifesta come riduzione dell'opacità ossea.

3. Una VCF viene definita radiograficamente da una riduzione dell'altezza anteriore, centrale o posteriore di una vertebra pari al 20%, o ad almeno 4 mm.

4. Si osserva una distribuzione anatomica bimodale delle VCF, con un'insorgenza maggiore a livello della colonna medio-toracica o toraco-lombare.

5. La morfologia delle VCF viene descritta come a cuneo, da schiacciamento o biconcava, ma spesso non corrispondono a tali descrizioni.

  • Le VCF biconcave sono più frequenti a livello della colonna lombare.
  • Le VCF a cuneo sono più frequenti a livello della colonna toracica (Figura 1).


6. La gravità delle VCF è classificabile come:

  • Lieve (riduzione tra il 20 e il 25% dell'altezza anteriore, centrale o posteriore di una vertebra)
  • Moderata (riduzione dell'altezza compresa tra il 25 e il 40%)
  • Severa (riduzione dell'altezza > 40%)


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Figura 1.
Fratture da compressione a livello della colonna toracica e lombare. A, Tipica frattura da compressione a cuneo osservabile nella colonna toracica. B, Tipica frattura da compressione biconcava nella colonna lombare, dopo iniezione di cemento. 


B. Imaging di risonanza magnetica (MRI, magnetic resonance imaging)

  1. L'MRI è utile in caso di sospetto clinico di VCF, con immagini radiografiche non conclusive (Figura 2); anche in assenza di deformità da fratture, l'edema osseo vertebrale può risultare ben evidente alla MRI.
  2. L'MRI costituisce anche un utile strumento di conferma diagnostica, potendo differenziare le VCF non risolte (e presumibilmente dolorose, con presenza di edema) da quelle croniche guarite (presumibilmente indolenti).
  3. Pur risultando generalmente visibile alle sequenze T1 e T2, l'edema è più evidente nelle sequenze STIR (short T1 inversion recovery) con soppressione del grasso.


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Figura 2.
Immagini relative alla colonna di un soggetto con sintomatologia indicativa di una frattura da compressione vertebrale. A, la radiografia non mostra la presenza di deformità. Alla MRI pesata in T1(B) e in T2 (C) è osservabile la presenza di edema osseo a livello dello stesso tratto vertebrale, indicativo di un processo patologico o di una frattura. 


C. Scintigrafia ossea

  1. Analogamente all'MRI, le immagini della scintigrafia ossea sono utili per differenziare le fratture risolte da quelle non risolte.
  2. La scintigrafia ossea risulta comunque meno specifica dell'MRI, dal momento che la captazione scintigrafica può restare elevata fino a 1 anno dopo la frattura, anche se trattata.

D. Tomografia computerizzata (CT, computed tomography)

  1. Entro certi limiti, le immagini CT sono in grado di riconoscere le fratture acute da quelle croniche per la nitidezza delle linee di frattura.
  2. Le immagini CT non sono utili per la diagnosi delle fratture da stress, in assenza di linee di frattura o di separazione.
  3. Le immagini CT possono tuttavia risultare utili per indagare più approfonditamente l'anatomia della frattura prima delle procedure di vertebroplastica, per ridurre al minimo il rischio di stravaso da parte del cemento. Sono inoltre utili per analizzare la ritenzione del cemento, in seguito a tali procedure.

   

MODULO 1:
CONOSCENZE FONDAMENTALI

MODULO 2:
COLONNA VERTEBRALE